Le Dimissioni – Obbligatoria la Procedura OnLine o in Sede Protetta
Procedura Online
L’obbligo di inviare le dimissioni esclusivamente online è stato introdotto per effetto delle disposizioni contenute all’articolo 26 del D.Lgs n. 151/2015, in attuazione di quanto previsto dal Jobs Act, per contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco.
Le dimissioni online Inps devono essere presentate direttamente dal lavoratore che intende chiudere il rapporto di lavoro.
Ci sono tre possibilità:
- compilare in autonomia il modulo collegandosi direttamente al sito dell’Inps e accedendo con il proprio PIN dispositivo oppure con la propria identità digitale, SPID;
- rivolgersi a una delle sedi dell’Inps;
- affidarsi ad enti abilitati come CAF, patronati, organizzazioni sindacali, consulenti del lavoro, sedi territoriali dell’Ispettorato nazionale del lavoro, enti bilaterali in tutto il territorio nazionale. In questo caso tutti hanno la possibilità di inviare le dimissioni, anche chi non ha le credenziali INPS o SPID.
Un’altra alternativa è l’app Dimissioni Volontarie del Ministero del Lavoro, alla quale si accede tramite SPID e si compila il modulo da inviare al datore di lavoro in modalità semplice e veloce.
L’obbligatorietà della procedura riguarda tutte le categorie di lavoratori dipendenti, così come stabilito dalla norma di riferimento, entrata in vigore il 12 Marzo 2016.
Dal momento della compilazione e dell’invio del modulo di dimissioni telematiche, il lavoratore avrà a disposizione 7 giorni di tempo per revocare le proprie dimissioni, sempre seguendo la procedura online.
Restano esclusi dall’obbligatorietà di presentare le dimissioni online dell’INPS e di Cliclavoro le seguenti categorie di lavoratori:
- gli impiegati nel settore pubblico;
- i lavoratori domestici;
- i tirocinanti dal momento che il tirocinio non costituisce rapporto di lavoro di tipo subordinato;
- chi ha sottoscritto un accordo di conciliazione in sede stragiudiziale;
- i lavoratori durante il periodo di prova;
- i lavoratori del settore marittimo;
- i lavoratori co.co.co.;
- i genitori lavoratori che ricadono nelle previsioni del comma 4, articolo 5 del D.Lgs. 151/2001;
- chi è stato soggetto di esodo volontario effettuato per accordo sindacale aziendale e realizzato anche attraverso il Fondo di Solidarietà di categoria.
Procedura in sede protetta
Ai genitori lavoratori è riconosciuta una particolare tutela nel caso in cui rassegnino proprie dimissioni volontarie dal lavoro durante alcuni periodi di tempo considerati “protetti”.
Tale regime di tutela è volto ad evitare che questi soggetti decidano di interrompere il proprio rapporto di lavoro a causa di pressioni operate dal datore di lavoro in seguito all’acquisizione del nuovo status genitoriale.
Al fine di assicurarne le genuinità, pertanto, è previsto che le dimissioni siano efficaci solo in seguito alla convalida da parte del servizio ispettivo del Ministero del Lavoro istituito presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro competente in base alla residenza della lavoratrice o del lavoratore e che, solo successivamente a detto adempimento, il rapporto di lavoro possa considerarsi definitivamente concluso.
In particolare, il legislatore ha stabilito che sono soggette all’obbligo di convalida le dimissioni rassegnate:
- dalla lavoratrice madre durante il periodo di gravidanza;
- dalla lavoratrice e dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino (ovvero nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento o, in caso di adozione internazionale, fino ai tre anni decorrenti dal momento della comunicazione della proposta di incontro con il minore).
Le dimissioni presentate dalla lavoratrice madre e dal lavoratore padre durante i periodi sopra menzionati devono essere convalidate a pena di nullità. Nel caso in cui il servizio ispettivo dovesse verificare la non genuina volontà di dimettersi, non procederà con la convalida ed il rapporto di lavoro non potrà essere risolto.
La lavoratrice ed il lavoratore che intendono rassegnare le dimissioni nel periodo cd. protetto devono preliminarmente notificare al datore di lavoro, a mezzo lettera consegnata a mano o inviata tramite raccomandata a/r, la comunicazione con la quale manifestano la volontà di rassegnare le dimissioni durante il periodo protetto, precisando contestualmente la data relativa all’ultimo giorno di lavoro.
Successivamente la lavoratrice o il lavoratore si dovranno recare presso la sede territoriale dell’Ispettorato del lavoro muniti di copia della lettera di dimissioni presentata al datore controfirmata per ricevuta da quest’ultimo, o corredata dalla copia della ricevuta di ritorno in caso di invio a mezzo raccomandata.
Ai sensi del DPCM 22 dicembre 2010, n. 275, il servizio ispettivo deve rilasciare, entro 45 giorni dalla richiesta fatta dal genitore, il provvedimento di convalida che viene inviato al/alla dipendente ed al datore di lavoro, consentendo quindi a quest’ultimo di espletare le formalità relative alla cessazione del rapporto di lavoro.
Il rapporto di lavoro si risolverà con effetto dalla data indicata nella iniziale comunicazione notificata al datore di lavoro e dalla medesima cesserà anche il diritto alla retribuzione.
Il legislatore ha previsto che anche le dimissioni rassegnate dalla lavoratrice nel lasso di tempo intercorrente tra la richiesta delle pubblicazioni del matrimonio e l’anno successivo alla celebrazione delle nozze debbano essere effettuate tramite la procedura telematica prevista dall’art.26 D.Lgs. 151/2015.
Per estensione la tutela per le lavoratrici è prevista anche in caso di dimissioni rassegnate tra la data delle pubblicazioni e l’anno successivo alla celebrazione del matrimonio.
Tuttavia, anche in questo caso, al fine di verificare che le stesse non siano state presentate in seguito a pressioni o coartazioni da parte del datore di lavoro, è prevista un’apposita procedura di convalida.
In particolare, la lavoratrice deve provvedere a confermare le proprie dimissioni preso la sede dell’ITL territorialmente competente entro un mese dalla comunicazione al datore di lavoro.
Tale conferma può avvenire con diverse modalità. La lavoratrice, dopo aver comunicato la propria intenzione di interrompere il rapporto di lavoro al datore, conferma personalmente le dimissioni presso gli uffici dell’ITL. Laddove, invece, la lavoratrice non intenda recarsi fisicamente presso gli uffici competenti, può, in un primo momento, manifestare la propria volontà confermativa scrivendo ai servizi ispettivi del proprio territorio. In questo caso, verrà convocata solo successivamente presso l’ufficio provinciale o la sezione locale al fine di rendere una dichiarazione di conferma. Nel caso in cui la volontà espressa tramite lettera non sia conforme a quella manifestata oralmente in presenza del funzionario, prevale la dichiarazione resa personalmente nella sede dell’ITL. Qualora successivamente alla convocazione, la lavoratrice non si presenti, il funzionario è tenuto a recarsi personalmente presso il suo domicilio al fine di raccogliere la dichiarazione di conferma delle dimissioni.
La procedura può essere attivata anche dal datore di lavoro che, una volta ricevute le dimissioni da parte della dipendente, provvede ad inviare la relativa comunicazione all’ITL territorialmente competente affinché quest’ultima convochi la lavoratrice per confermare la volontà di interrompere il rapporto di lavoro.
Anche in questo caso, laddove la lavoratrice invii la propria dichiarazione di conferma tramite lettera, la ITL è tenuta a convocarla personalmente presso i propri uffici.
L’interruzione del rapporto di lavoro è subordinata in ogni caso alla conferma personale della lavoratrice, dunque, ove ciò non avvenga la dipendente può chiedere in ogni momento di essere riammessa in servizio, poiché in questo caso le dimissioni sono inefficaci.
Se la lavoratrice viene invitata a riprendere servizio, ma dichiara entro dieci giorni dal ricevimento dell’invito di voler interrompere il rapporto, ha diritto all’indennità sostitutiva del preavviso.
La comunicazione al competente ITL non deve risolversi in un atto meramente formale, ma comporta un’approfondita indagine sulla reale volontà della lavoratrice interessata, volta ad evitare che le dimissioni non mascherino un licenziamento per causa di matrimonio.
A partire dal 5 giugno 2016, in seguito all’entrata in vigore della legge n. 76/2016, le disposizioni in questione dovranno essere applicate anche alla lavoratrice parte di un’unione civile.
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