Le aziende che risentono delle difficoltà oggettive determinate dall’ emergenza epidemiologica e dai suoi effetti sul mercato, possono continuare ad usufruire degli ammortizzatori sociali COVID-19 per ulteriori 13 settimane qualora abbiano finito di usufruire delle 28 settimane spettanti da D.L. 41/2021 art. 8 C.2, conseguentemente avendo copertura fino alla data del 31-12-2021. Pertanto, coloro che decideranno di proseguire la richiesta di ammortizzatori sociali, saranno soggette al divieto di licenziamento fino alla data del 31-12-2021.
Tale beneficio/obbligo riguarda le aziende non destinatarie del trattamento CIGO (produttive-industriali) ad esclusione dei settori tessile e confezioni di abbigliamento, pelle e pellicceria (Cod. Ateco 13-14-15).
Di seguito cerchiamo di approfondire le dinamiche della normativa sugli ammortizzatori sociali COVID-19.
I datori di lavoro, di cui all’art. 8, c. 2 D.L. 41/2021, che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, possono presentare, per i lavoratori in forza alla data del 22-10-2021, domanda di assegno ordinario e di cassa integrazione salariale in deroga (artt. 19, 21, 22 e 22-quater D.L. 18/2020), per una durata massima di 13 settimane nel periodo tra il 01-10-2021 e il 31-12-2021. Per i trattamenti concessi non è dovuto alcun contributo addizionale. I trattamenti sono concessi nel limite massimo di spesa previsto per l’anno 2021.
I datori di lavoro delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili (identificati dal codice Ateco 2007 con i codici 13, 14 e 15), di cui all’art. 50-bis, c. 2 D.L. 73/2021, che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 possono presentare, per i lavoratori in forza alla data del 22-10-2021, domanda di trattamento ordinario di integrazione salariale (artt. 19 e 20 D.L. 18/2020), per una durata massima di 9 settimane nel periodo tra il 01-10-2021 e il 31-12-2021. Per i trattamenti concessi non è dovuto alcun contributo addizionale. I trattamenti sono concessi nel limite massimo di spesa previsto.
Le 13 settimane dei trattamenti al primo punto sono riconosciute ai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato il periodo di 28 settimane, di cui all’art. 8, c. 2 D.L. 41/2021, decorso il periodo autorizzato. Le 9 settimane di cui al secondo punto sono riconosciute ai datori di lavoro decorso il periodo autorizzato.
Le domande di accesso ai trattamenti sono inoltrate all’Inps, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa. In fase di prima applicazione, il termine di decadenza è fissato entro il 30-11-2021.
In caso di pagamento diretto delle prestazioni da parte dell’Inps, ferma restando la possibilità di ricorrere all’anticipazione, il datore di lavoro è tenuto a inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, oppure, se posteriore, entro il termine di 30 giorni dall’adozione del provvedimento di concessione. In sede di prima applicazione, i termini sono spostati al 21-11-2021, se tale ultima data è posteriore. Trascorsi inutilmente tali termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.
Ai datori di lavoro che presentano domanda di integrazione salariale resta precluso l’avvio delle procedure di mobilità e di licenziamento di cui agli artt. 4, 5 e 24 L. 223/1991, per la durata della fruizione del trattamento di integrazione salariale. Ai medesimi soggetti resta, altresì, preclusa nello stesso periodo, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo e restano altresì sospese le procedure in corso ex art. 7 L. 604/1966.
Le sospensioni e le preclusioni non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa oppure dalla cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo. A detti lavoratori è comunque riconosciuta la Naspi.
Sono altresì esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.
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